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apologia della sega mentale
 Gatto [ 30/05/2006 @ 20:01:21, in sezione epistasi,  149 click]
Nella definizione più popolare, la sega mentale è mostrata come un insieme di strumentalizzazioni del pensiero, spesso negative, pessimistiche e catastrofiche, operate dall'Io - quindi dalla percezione più cosciente - ma scaturite da elucubrazioni nate prettamente dall'inconscio, ovvero da quell'insieme di input assimilati dal cervello come dati non diretti ed essenziali.
Dopo questa cervellotica esplicazione, che non fa che confermare quanto il mio cervello sia ormai totalmente compromesso e avvinto al circolo vizioso della sega mentale, il mio lettore più colto (quindi Daniela va ad escludersi da sé) noterà che il soggetto principale che è veicolo e fonte della sega mentale è il pensiero.

Cause, meccaniche e sintomatologia
La sega mentale è intimamente connessa al pensiero come l'acqua lo è con l'annegamento.
Di per sé, il pensiero è innocuo (un pò come il pisello di Macs), ma allo stesso modo d'un bicchiere d'acqua, l'eccesso dell'elemento stesso può portare sgradevoli conseguenze (l'eccesso di pisello di Macs non è riproducibile in natura); coerentemente, quando i pensieri si fanno ricorsivi e privi di forma di sfogo, tendono ad avvelenare la capacità di giudizio ed a porre ogni situazione in chiave spesso deleteria (eg: ti sei scordato di farmi lo squillo dopo cena? Basta, tu mi consideri un'idiota, non hai nessuna stima di me, non mi rispetti più, io lo so, hai un'altra, ti stai allontanando e non mi vuoi più bene, addio, non mi vedrai mai più, sei un bastardo, lo so che pensi che sono una cretina, no, stai zitto, si vede da come mi guardi, basta, ti odio, addio.)
Ovviamente non vi è nessuno in grado di "abusare" consapevolmente del proprio pensiero (tranne qualche mia ex), semplicemente accade che vengano a crearsi dei meccanismi per cui il pensiero - inteso come ragione – nell'affannosa ricerca di soddisfare e/o risolvere circostanze critiche (eg: il Pc è meglio del Mac?), automaticamente cada vittima di ciò che gergalmente viene definito "loop".

Il loop
Il loop è quello stato mentale in cui involontariamente il pensiero tende a ripetersi incessantemente, facendo sì che la coscienza stessa si trovi intrappolata in un susseguirsi di medesime ed ininterrotte ansie (eg: se la chiamo poi pare che mi sto suicidando, se non la chiamo magari pensa che me ne sto fottendo; allora chiamo? No, però non voglio che pensi che allora io, però che siccome che quando; Spè però non mi chiama quindi è lei che se ne sta fottendo, allora le chiamo! Però se le chiamo poi si fa troppi flash -Rewind).

Il soggetto
Alcune mie ex sono perfettamente in grado di inventare di sana pianta situazioni insolubili, incomprensibili e totalmente irrazionali con cui arrovellarsi il cervello per mesi e mesi, nella fattispecie, queste vengono definite pazze o più affettuosamente, lese.
Ma il "segaiolo" incallito è più subdolo e, disponendo in media di più risorse su cui basarsi (eg: gli ingegneri, la ragazza che parte per la luna, quella che ti sminkia il tasto della decapottabile, gli ingegneri, gli ingegneri, gli ingegneri, ecc), pone ad oggetto di seghe mentali ogni avvenimento quotidiano trasmutando ogni inezia, banale che sia, in spunto per una profonda quanto bucolica ascesa verso oscuri, tetri e strazianti antri infernali (per un corretto esempio, vedi un mio post a caso, tanto è uguale).

L'evoluzione
Dopo queste brevi spiegazioni interpretative, andiamo a sviluppare la natura storica della sega mentale. Pare infatti che la sega mentale, così come la si conosce, sia una derivazione diretta di quel bisogno dell'uomo di complicarsi la vita in assenza di pericoli reali: milioni di anni fa, i nostri progenitori erano impegnati giornalmente in una estenuante lotta contro ogni avversità (eg: i tirannosauri in circonvallazione, i velociraptor al supermercato, le femmine da prendere a clavate, i proto ingegneri da scuoiare al sole), ed infatti, a quei tempi il pensiero veniva gestito nelle sue forme più primitive, ovvero "bisogno" e "paura".
Oggigiorno non sussistono più le stesse incognite e sfortunatamente neppure gli stessi metodi di risoluzione, però ciò non è immediatamente percepito dal nostro cervello che, interpretando ogni input esterno in chiave evoluzionista (reagire, sopravvivere, scoparsela), classifica determinati stimoli come pericolo, instaurando processi che inespressi causano ansia (per alcune mie lettrici, leggasi "anzia"). Diverse situazioni giornaliere ci trovano spesso a dover indirettamente difendere noi e ciò che sentiamo come nostro, oggetti, idee e pensieri compresi (eg: la nostra pausa pranzo, la cassetta di CSI, Forza italia, il silenzio, ecc); quindi, in un mondo di professionisti incompetenti, nevrotiche ottuse e cognate, le fonti di stress (ovvero prolungate sensazioni di pericolo e consecutivo stato di allerta) sono cresciute esponenzialmente.
Semplificando ne consegue che il pensiero, come forma di analisi e risoluzione di problemi immediati (eg: accoppa il T-rex, scappa dal velociraptor, prendila a clavate) è stato progressivamente sostituito da metodologie più complesse e purtroppo meno gratificanti nell'immediato (eg: non puoi scaraventarla giù dal 5° piano/ non puoi mandarlo a cagare/ non puoi colpirlo ripetutamente con un tubo di ghisa sulle gengive/ non puoi tante cose) che, in soggetti particolarmente inclini, tende ad assumere forme spesso inadeguate all'input sensoriale stesso (eg: che palle però, non c'è gusto a campare così, basta, ho deciso: mi faccio un blog!).

L'apologia
Ciò non significa necessariamente che il pensiero "libero" può essere solo fonte di problemi mentali (io mi reputo ancora sano... spesso), infatti in diverse situazioni, la capacità di astrarsi e analizzare situazioni pressoché irrisolvibili può risultare piuttosto utile e, contrariamente a ciò che potrebbe credersi, sostenere e difendere da input sensoriali troppo violenti (eg: cazzo, devo stare 20 giorni a letto/ giovedì mi riaprono/ pare che non si possa fare più niente/ ci si vede fra 5 anni/ devo andare a cogliere margherite a Mandanici con Tutù).

Conclusioni
Il cervello tende a risolvere problemi, è il suo lavoro e si è evoluto per questo (tranne quello degli ingegneri); se il problema non ha soluzione, prima di implodere, il cervello inizia a farsi le seghe; troppe seghe debilitano il cervello, qualche sega qua e là, allenta la tensione.
O se preferite una definizione più aulica, la sega mentale è ciò che solennemente definisce il pensiero filosofico; ciò non di meno il pensiero filosofico verte su problematiche unanimemente definite propositive, il parossisimo della sega mentale invece sfocia nel nichilismo (e poi diventi una ragazza gotica pure tu. Se sei mora e hai la pelle chiara, contattami).

Consigli
Se le seghe mentali costituiscono un problema, se ci si rende conto che la vita sta diventando sempre più un accozzaglia di speculazioni sulla ragione dell'esistenza e il timer del videoregistratore, bisogna sempre ricordarsi che il mondo è reale (tranne quello di mia cognata), le seghe mentali sono solo costruzioni della mente, sofisticati artifici della ragione, surrogati dell'azione inespressa; agire, nella maggior parte dei casi, esorcizza le seghe nocive e restituisce stabilità.
 
# 1
Non hai specificato bene una cosa: la sega mentale in quanto tale non è abbastanza subdola da sfuggire al riconoscimento da parte di chi la formula. Nonostante questo, nella maggior parte dei casi, si tende a rimanere inermi a quest'ultime. D'altronde, la capacità critica è sterile...
Un testo come questo, imparziale e elusivo nei confronti delle situazioni nelle varie fattispecie, spiattella in faccia la perpetua natura delle seghe mentali ai creatori, ormai finissimi artigani, di quest'ultima, che devono per forza di cose accettare la notizia appena confermata.
Ciao gatto ti voglio bene.
Non è vero ma fa lo stesso...
  Daniele, Psicho-Onan  [inviato il 05/06/2006 @ 21:58:54)
# 2
°_° Ciccino... appena capisco che cacchio hai scritto, giuro che ti rispondo, giuro.

°_°'
  gatto  [inviato il 05/06/2006 @ 22:24:19)
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