di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Nella definizione più popolare, la sega mentale è mostrata come un insieme di strumentalizzazioni del pensiero, spesso negative, pessimistiche e catastrofiche, operate dall'Io - quindi dalla percezione più cosciente - ma scaturite da elucubrazioni nate prettamente dall'inconscio, ovvero da quell'insieme di input assimilati dal cervello come dati non diretti ed essenziali.
Dopo questa cervellotica esplicazione, che non fa che confermare quanto il mio cervello sia ormai totalmente compromesso e avvinto al circolo vizioso della sega mentale, il mio lettore più colto (quindi Daniela va ad escludersi da sé) noterà che il soggetto principale che è veicolo e fonte della sega mentale è il pensiero.
Cause, meccaniche e sintomatologia
La sega mentale è intimamente connessa al pensiero come l'acqua lo è con l'annegamento.
Di per sé, il pensiero è innocuo (un pò come il pisello di Macs), ma allo stesso modo d'un bicchiere d'acqua, l'eccesso dell'elemento stesso può portare sgradevoli conseguenze (l'eccesso di pisello di Macs non è riproducibile in natura); coerentemente, quando i pensieri si fanno ricorsivi e privi di forma di sfogo, tendono ad avvelenare la capacità di giudizio ed a porre ogni situazione in chiave spesso deleteria (eg: ti sei scordato di farmi lo squillo dopo cena? Basta, tu mi consideri un'idiota, non hai nessuna stima di me, non mi rispetti più, io lo so, hai un'altra, ti stai allontanando e non mi vuoi più bene, addio, non mi vedrai mai più, sei un bastardo, lo so che pensi che sono una cretina, no, stai zitto, si vede da come mi guardi, basta, ti odio, addio.)
Ovviamente non vi è nessuno in grado di "abusare" consapevolmente del proprio pensiero (tranne qualche mia ex), semplicemente accade che vengano a crearsi dei meccanismi per cui il pensiero - inteso come ragione – nell'affannosa ricerca di soddisfare e/o risolvere circostanze critiche (eg: il Pc è meglio del Mac?), automaticamente cada vittima di ciò che gergalmente viene definito "loop".
Il loop
Il loop è quello stato mentale in cui involontariamente il pensiero tende a ripetersi incessantemente, facendo sì che la coscienza stessa si trovi intrappolata in un susseguirsi di medesime ed ininterrotte ansie (eg: se la chiamo poi pare che mi sto suicidando, se non la chiamo magari pensa che me ne sto fottendo; allora chiamo? No, però non voglio che pensi che allora io, però che siccome che quando; Spè però non mi chiama quindi è lei che se ne sta fottendo, allora le chiamo! Però se le chiamo poi si fa troppi flash -Rewind).
Il soggetto
Alcune mie ex sono perfettamente in grado di inventare di sana pianta situazioni insolubili, incomprensibili e totalmente irrazionali con cui arrovellarsi il cervello per mesi e mesi, nella fattispecie, queste vengono definite pazze o più affettuosamente, lese.
Ma il "segaiolo" incallito è più subdolo e, disponendo in media di più risorse su cui basarsi (eg: gli ingegneri, la ragazza che parte per la luna, quella che ti sminkia il tasto della decapottabile, gli ingegneri, gli ingegneri, gli ingegneri, ecc), pone ad oggetto di seghe mentali ogni avvenimento quotidiano trasmutando ogni inezia, banale che sia, in spunto per una profonda quanto bucolica ascesa verso oscuri, tetri e strazianti antri infernali (per un corretto esempio, vedi un mio post a caso, tanto è uguale).
L'evoluzione
Dopo queste brevi spiegazioni interpretative, andiamo a sviluppare la natura storica della sega mentale. Pare infatti che la sega mentale, così come la si conosce, sia una derivazione diretta di quel bisogno dell'uomo di complicarsi la vita in assenza di pericoli reali: milioni di anni fa, i nostri progenitori erano impegnati giornalmente in una estenuante lotta contro ogni avversità (eg: i tirannosauri in circonvallazione, i velociraptor al supermercato, le femmine da prendere a clavate, i proto ingegneri da scuoiare al sole), ed infatti, a quei tempi il pensiero veniva gestito nelle sue forme più primitive, ovvero "bisogno" e "paura".
Oggigiorno non sussistono più le stesse incognite e sfortunatamente neppure gli stessi metodi di risoluzione, però ciò non è immediatamente percepito dal nostro cervello che, interpretando ogni input esterno in chiave evoluzionista (reagire, sopravvivere, scoparsela), classifica determinati stimoli come pericolo, instaurando processi che inespressi causano ansia (per alcune mie lettrici, leggasi "anzia"). Diverse situazioni giornaliere ci trovano spesso a dover indirettamente difendere noi e ciò che sentiamo come nostro, oggetti, idee e pensieri compresi (eg: la nostra pausa pranzo, la cassetta di CSI, Forza italia, il silenzio, ecc); quindi, in un mondo di professionisti incompetenti, nevrotiche ottuse e cognate, le fonti di stress (ovvero prolungate sensazioni di pericolo e consecutivo stato di allerta) sono cresciute esponenzialmente.
Semplificando ne consegue che il pensiero, come forma di analisi e risoluzione di problemi immediati (eg: accoppa il T-rex, scappa dal velociraptor, prendila a clavate) è stato progressivamente sostituito da metodologie più complesse e purtroppo meno gratificanti nell'immediato (eg: non puoi scaraventarla giù dal 5° piano/ non puoi mandarlo a cagare/ non puoi colpirlo ripetutamente con un tubo di ghisa sulle gengive/ non puoi tante cose) che, in soggetti particolarmente inclini, tende ad assumere forme spesso inadeguate all'input sensoriale stesso (eg: che palle però, non c'è gusto a campare così, basta, ho deciso: mi faccio un blog!).
L'apologia
Ciò non significa necessariamente che il pensiero "libero" può essere solo fonte di problemi mentali (io mi reputo ancora sano... spesso), infatti in diverse situazioni, la capacità di astrarsi e analizzare situazioni pressoché irrisolvibili può risultare piuttosto utile e, contrariamente a ciò che potrebbe credersi, sostenere e difendere da input sensoriali troppo violenti (eg: cazzo, devo stare 20 giorni a letto/ giovedì mi riaprono/ pare che non si possa fare più niente/ ci si vede fra 5 anni/ devo andare a cogliere margherite a Mandanici con Tutù).
Conclusioni
Il cervello tende a risolvere problemi, è il suo lavoro e si è evoluto per questo (tranne quello degli ingegneri); se il problema non ha soluzione, prima di implodere, il cervello inizia a farsi le seghe; troppe seghe debilitano il cervello, qualche sega qua e là, allenta la tensione.
O se preferite una definizione più aulica, la sega mentale è ciò che solennemente definisce il pensiero filosofico; ciò non di meno il pensiero filosofico verte su problematiche unanimemente definite propositive, il parossisimo della sega mentale invece sfocia nel nichilismo (e poi diventi una ragazza gotica pure tu. Se sei mora e hai la pelle chiara, contattami).
Consigli
Se le seghe mentali costituiscono un problema, se ci si rende conto che la vita sta diventando sempre più un accozzaglia di speculazioni sulla ragione dell'esistenza e il timer del videoregistratore, bisogna sempre ricordarsi che il mondo è reale (tranne quello di mia cognata), le seghe mentali sono solo costruzioni della mente, sofisticati artifici della ragione, surrogati dell'azione inespressa; agire, nella maggior parte dei casi, esorcizza le seghe nocive e restituisce stabilità.
non aver niente di meglio da fare.
il concetto è un pò vago e se si considerasse in termini assoluti, e si ponesse come estremo una botta con la d'amico, qualsiasi cosa potrebbe essere annoverata fra il "niente di meglio da fare". ci sarebbe sempre qualcosa di più interessante da fare; costantemente e in assoluto.
resta il fatto comunque che - né in termini assoluti che relativistici - non avevo davvero niente di meglio da fare: così ho accettato.
purtroppo tale era la noia che il niente di meglio fare sì è protratto persino nei termini della permanenza stessa e (ad ogni occasione utile) distrattamente controllavo l'ora. dopo un pò c'azzeccavo con l'approssimazione di 2 o 3 minuti, da solo, senza guardare le stelle o la luna.
magari nel mio niente di meglio da fare un pò di sonno ci sta di più, o magari la natura intrinseca del niente di meglio da fare è insita nell'alternativa.
quindi si potrebbe dedurre che qualsiasi impulso oscilla ritmicamente ed inversamente al picco della sollecitazione stessa. sticazzi
magari sono le solite seghe, magari, ma oggi non ho proprio voglia di fare un cazzo. e non vedo l'ora d'annegare nel più totale e disinteressato niente di meglio da fare
come vede il mondo la gente?
cosa percepisce dei colori, nei toni di luce? cosa legge nei paesaggi, nei particolari, nelle nuvole, nelle ombre, nelle curve di un viso, nelle ombre in un asola, nelle rughe di un sorriso? cos'è che li spinge a fotografare qualcosa piuttosto che qualcos'altro? cosa li muove a decidere come porsi, il taglio, l'angolazione, l'inquadratura?
io guardo le foto degl'altri e non vedo nulla. vedo macchie sfocate, visi gelidi, magari sorridenti ma inespressivi, colori forti, tinte superflue, inquadrature sghembe, incomplete, squilibrate.
quando scatto una foto, quando poi la ritocco, la pulisco, cerco di attribuire qualcosa; un senso, un atmosfera, un emozione, una sensazione. cerco di tradurre dietro l'obiettivo ciò che vedo, ciò che immagino, ciò che percepisco, ciò che considero, ciò che sento.
e mi chiedo, ma se la gente scatta foto così brutte, sterili, asettiche, piatte, banali... come vede il mondo la gente?
Su un libro di testo sottratto a un nipote liceale trovo questa sconcertante affermazione: “Il punto fermo a volte può essere sostituito dal punto e virgola, che indica una pausa meno netta…L'uso del punto e virgola, comunque, non è indispensabile”.
Non è indispensabile? Protesto. Il punto e virgola è più che indispensabile; è comodo (vedete?), filosoficamente utile e politicamente interessante. Secondo T. W. Adorno è “il simbolo stesso della dialettica”: supera e riprende quel che è antecedente, e lo trasforma in qualcosa di diverso. Mi permetto di aggiungere: il punto e virgola è ammirevole. Una scelta liberale di fronte alla dittatura del punto e all'anarchia delle virgole. I nemici del punto e virgola dicono: bisogna semplificare! Sono i machos dell'interpunzione. Vogliono punti fermi, esclamazioni, domande; il punto e virgola viene considerato un segno sessualmente equivoco. E se anche fosse?
Beppe Severgnini sul Corriere della sera del 18/5/2006
lo so che passi da qui ogni giorno. lo so che passi da qui un bordello di volte al giorno.
lo vedo, lo leggo dalle statistiche. la configurazione del tuo computer ti tradisce, il tuo IP, gli orari, il sistema operativo, tutto è caratteristico, specifico, distintivo. perchè lo fai? cosa credi di poter trovare qui? aspetti che scriva qualcosa? e cosa? credi di trovare qui qualche risposta? e cosa credi che io possa scrivere qui?
non troverai nulla, assolutamente nulla. non starò certo a scrivere di te. mi hai insegnato che non ne vale la pena.
passi, ripassi, sembra un rituale; ma non scrivi, non ti manifesti, non tu. non sai cosa scrivere, infondo passi per vedere cosa c’è di nuovo, se ti sei persa qualcosa. tanto a te piace starne fuori. sappi di non essere l’unica. dev’esserci un club di represse frustrate da qualche parte, e magari sono nella loro pagina iniziale.
tutta gente che non ha mai avuto iniziativa, tutte puerili lassiste. non pigre, questo no, ma timide, timide fino all’idiozia. gente indecisa che non ha mai preso una decisione, che sta lì, in un limbo, da qualche parte fra qui e me. sì, lo ammetto, sono perplesso, non capisco la ragione di tutto questo. non mi sembra di essermi mai sottratto ad alcuna forma di dialogo. eppure non ci parliamo più. ops, scusa, hai ragione: non ti parlo più. ma stranamente tu perseveri e ritorni qui. perchè? non credo ti manchi, se ti mancassi davvero mi cercheresti, mi chiameresti... invece. invece passi da qui e basta.
puoi restarci quanto vuoi, puoi marcirci, non ti ci ho messo io. e soprattutto sono stufo di prendere l’iniziativa, sono stufo di perdere tempo, sono stufo già da un bel pò.
divertiti.
oggi mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa. però ognittanto mi sarebbe piaciuto scrivere qualcosa di intelligente, fare finta che sono uno di quegli intellettualoidi che scrivono quelle seghe profonde... sissì, una di quelle cose profonde che mentre che ci sei ti fanno pure ridere, poi però mi sono reso conto che nella mia vita non è che ci siano molti spunti ilari. c’è poco da ridere... oddio, è una cosa strana, volendo io lavoro con gli ingegneri.
in realtà è che invece che stare qui a fare finta di scrivere qualcosa per dimenticare la mia vita e gli ingegneri dovrei finire di leggere un libro; però arrivato al capitolo "le donne nello gnosticismo" mi sono reso conto che magari quel libro lì fa proprio un pochetto cagare. ma così, giusto un po’.
certo, forse al capitolo "la biblioteca di Nag Hammadi e lo gnosticismo nel cristianesimo primitivo" doveva già venirmi qualche lievissimo dubbio, ma uno non è che si formalizza quando non c’ha una sega da fare.
potrei uscire e andare a fare marmellata con la cabrio e il lettore a palla e punzecchiare sciampiste e/o universitarie extraurbane, potrei... ma non saprei spiegare perché, cioè veramente sì, ma al solo pensiero mi viene più voglia di approfondire "Eusebio e il canone all’inizio del IV secolo".
sono strano io, ma d’altronde io lavoro con gli ingegneri.
Si muove lentamente, poi a scatti frenetici, come se i controlli del lettore fossero impazziti. E' un pò velata, cupa, una visione un pò grandangolare, anormale, sinistra. Mi viene in contro, mi cerca, credo abbia detto il mio nome, anche se non è che ricordi la sua voce mentre lo diceva - sticazzi - poi cambia inquadratura, sgattaiolo, poi divento invisibile o forse svanisco che poi è anche la stessa cosa, o divento polvere, non ricordo bene. Ricordo gli ambienti e le sensazioni, il resto è vago, accennato. Sarà stato il kebab, piccantone.
Sarà, ma credo sia la terza volta che faccio 'sto sogno. A distanza di tempo, tanto tempo. Sarà almeno la terza volta. Di sicuro la terza volta. Ed è la ricorsività dell'evento che mi incuriosisce. No, non m'intriga affatto, anzi, mi inquieta. Alcuni riferimenti sono così criptici che mi pare un film di David Lynch, simbolismi del cazzo o forse sono io che mi perdo facile. Che cazzo c'è che è rimasto aperto per bloccarmi il respiro nel sonno? Di cosa non mi sono accorto? Che cazzo mi è sfuggito?
Eppure. Non credo che l'vento sia correlato a nulla di che, niente che giustifichi niente. Nessun fattore scatenante: il film è stato bello. Cazzuto, se non mi rompessi i coglioni scriverei pure una bella recensione; il concerto è stata una vera cagata, sì, la gente era una merda, fosse brillata una carica nel locale, probabilmente la cosa avrebbe avuto risvolti positivi dal punto di vista sociale; ho incrociato qualche amico, ma tutta gente simpatica, ho coglioneggiato... boh?
Ah, tutù dice che soffro di disturbi ossessivo compulsavi. Fosse vero - sicuro - non potrei lavorare dove lavoro... Però i sogni restano ed in ogni caso gli ossessivi compulsavi non hanno manifestazioni oniriche delle loro patologie.
La prima volta è successo in un parcheggio, credo fosse ad un concerto, una festa mammoriana plateale, era un sogno idiota, avevo una maglietta bianca, impossibile. Di sicuro non avevo mangiato kebab. Poi, la seconda volta è stato in un albergo, che forse non era proprio un albergo, erano le scale, un pianerottolo, lo spiazzo di fronte l'ascensore, le pareti erano color salmone. Stavolta era fra un cortile ingolfato di auto parcheggiate e un androne, un androne di servizio, uno di quelli lerci, senza intonaco ed aveva pure delle impalcature sporche di calce, le impalcature erano rosse. Forse stavano ristrutturando. Boh?
Non che la cosa mi turbi più di tanto, ma perché sogno sempre lo stesso contesto? Parcheggi, cortili, pianerottoli d'albergo; hanno tutti una stessa connotazione sostanziale. Spazi di servizio, luoghi senza calore, aree di transito, di sosta. Ambienti sterili.
Il kebab in effetti era troppo buono, certi effetti collaterali non dovrebbe darli. Kebab!
oggi rileggevo un pò a ritroso.
rileggevo di tanti bei momenti che ho lasciato qui, rileggevo di qualche gap, rileggevo di tante sorprese, 'nzomma, rileggevo.
è stato bello perché questo blog alla fine sono davvero io.
io frenetico, io abulico, io nevrotico, io lassista, io laconico, io spensierato... talvolta persino felice.
e adesso che. non c'è.
disperso fra le pieghe di qualche pensiero contorto, distratto.
serenamente abbandonato a me stesso, trascurato, annoiato, forse stanco.
io. il mio blog.
buonanotte. :)
Da oltre un secolo si ritiene che i genitori siano il principale problema della persona anoressica e, nel 1978, nel libro intitolato Golden Cage, la psicoanalista Hilde Bruch suggerì che genitori narcisisti, freddi e che manifestano poco amore, oppure in alternativa, genitori ipercritici, smisuratamente ambiziosi o troppo coinvolti, di fatto provocano la malattia [...]
Peg Tyre su Newsweek, da La Repubblica del 28/11/2005
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Mercedes SLK
Picnic al cimitero inglese
Conquistare il mondo
La moglie di Vincent Cassel
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